A fare un'analisi dettagliata di questi primi 12 mesi, ci penserà l'AGI, l'associazione degli avvocati giuslavoristi italiani che, a Perugia dal 9 all'11 giugno, si riunirà in un convegno dal titolo fin troppo chiaro: "Le nuove frontiere del lavoro". Intanto, le questioni, riguardo i problemi della riforma, si fanno sempre più spinose.
Sgravi contributivi – A partire dal gennaio di quest'anno, i nuovi contratti stabili sono letteralmente crollati: -77%, nel primo trimestre del 2016, secondo le analisi dell'Inps. Il sospetto, che a dare la spinta alla riforma fossero stati proprio gli sgravi, si trasforma in certezza e lascia spazio ad una brutta domanda: cosa accadrà con la fine di questi incentivi?
Per evitare la più grande ondata di licenziamenti di massa della storia recente – e conseguente figuraccia per il Governo, che tanto ha puntato sul Jobs Act -, il Ministro Poletti ed i suoi stanno studiando diverse soluzioni, tra le quali, la più accreditata, pare essere quella di rendere stabili i vantaggi dei contratti a tempo indeterminato, rendendoli più convenienti, rispetto agli altri tipi di contratto, del 10%.
Come, però, ancora non è dato saperlo, soprattutto per questioni di budget: dove trovare i soldi, in tempi di magra, tenendo conto di quanto è già stato speso, per garantire gli incentivi fino ad oggi? Poletti parla, genericamente, di risorse provenienti da tagli alla spesa pubblica, ma ancora non si sbottona.
Funzionerà? Mah
Voucher – Sono il mostro di Frankenstein della riforma: dovevano far emergere il lavoro nero, invece, sono andati completamente fuori controllo. La loro crescita abnorme ha subito attirato l'attenzione sul fenomeno: urgono delle correzioni che, a detta del Ministro Poletti, dovrebbero arrivare, almeno, entro la prima metà di giugno.
L'idea è quella di rendere i ticket tracciabili, tramite sms, in modo da impedire che se ne abusi. Di cancellare il sistema dei voucher, come ventilato da qualcuno, il Ministro non vuole prorpio sentirne parlare – a ragione – , così come il volerne limitare l'uso.
Quest'ultima soluzione, però, sarebbe quella più logica, se ben applicata, limitando l'uso dei voucher ai soli lavori veramente saltuari: baby sitter, dog sitter, colf, insegnanti a domicilio, ecc. Ma, come già detto, Poletti da quell'orecchio non ci sente: in questo modo, però, sembra quasi che voglia limitarli, ma non troppo.
Contratti – La semplificazione della selva di contratti era presente, almeno a parole, nelle prime ore di vita del Jobs Act, ma è subito sparita, nel momento in cui si è passati ai fatti: cè stato un confuso ridimensionamento dei contratti a progetto, l'introduzione del contratto a tutele crescenti e poi più nulla.
Ricordiamo: la grande varietà dei contratti d'assunzione è uno dei tratti distintivi del precariato italiano, ma lo sfoltimento promesso non c'è stato. Hai voglia ingolosire le aziende con gli incentivi, per spingerle ad assumere con il tempo indeterminato: se, una volta finiti gli sgravi, le imprese avranno ancora un'ampia gamma di scelta, il contratto a tutele crescenti si dissolverà come neve al sole.
Welfare – Abbiamo già uno dei sistemi peggiori d'Europa, che, dal prossimo anno, sarà ancora più ristretto: a partire dal 2017, infatti, per effetto delle Riforma Fornero, sparirà la mobilità, semplicemente rimpiazzata dalla Naspi, introdotta dal Jobs Act. Per il resto, il nulla assoluto.
Di reddito di cittadinanza non se ne sente più parlare, se non sporadicamente e solo da qualche parte politica, mentre per il welfare aziendale sembra che, come al solito, si proceda in ordine sparso: una regia politica centrale, invece, che coinvolga parti sociali e imprese, potrebbe portare a buoni risultati, in tempi relativamente brevi.
Politiche attive – Le politiche attive possono essere riassunte in una frase: "non ci sono politiche attive, in Italia". E sì che servirebbero: del pietoso esito di Garanzia Giovani, abbiamo già parlato in passato, non c'è da stupirsi quindi, se abbiamo una delle più alte percentuali di NEET d'Europa.
Ora come ora, questi problemi sembrano essere passati in secondo piano – almeno per i politici -, rispetto al referendum costituzionale d'autunno, ma speriamo, comunque, che qualcuno si renda conto che servono risposte rapide e risolutive, altrimenti dalla crisi non si esce.
Danilo