Sembra che, finalmente, Lega e Movimento 5 Stelle siano riusciti a mettersi d'accordo e a siglare il cosiddetto Contratto per il Governo del Cambiamento (dopo l'ok dei grillini, manca quello degli elettori leghisti).
Nell'attesa che le parti si accordino anche per la scelta di Premier e Ministri e che si formi un Governo vero e proprio – il che non è ancora detto che avvenga -, vediamo cosa c'è di specifico, per il mondo del lavoro, nel programma giallo-verde:
- Al paragrafo 11, il programma affronta uno dei problemi chiave del nostro Paese, ovvero la tassazione. La parola d'ordine è semplificazione, motivo per cui si vuole procedere all'introduzione della Flat Tax, elemento fondante del programma elettorale leghista, che qui viene articolata in due aliquote, al 15% ed al 20%, per persone fisiche, partite iva, famiglie (per cui è prevista una deduzione fissa di 3 mila euro) e imprese. Inoltre, si specifica di voler creare una maggiore collaborazione tra contribuente e Fisco (pace fiscale; conferma della no tax area per i meno abbienti; inversione dell'onere della prova, che spetterà all'Agenzia delle Entrate; compensazione debiti-crediti con la Pubblica Amministrazione, specie per le imprese) e di voler inasprire le pene per gli evasori. Le maggiori risorse, liberate dalla pressione fiscale, favoriranno gli investimenti delle imprese e la spesa degli italiani.
- Al paragrafo 14, la dichiarazione d'intento è quella di assicurare agli italiani "una vita e un lavoro dignitosi, in condizioni di libertà, equità, sicurezza e dignità", tramite l'introduzione di un salario minimo orario e la lotta alla precarietà: verranno aboliti i tirocini gratuiti, introdotte misure di semplificazione – tramite la creazione di sistemi digitali – nella stipula dei contratti di lavoro e riformati i voucher. Si fa, indirettamente, riferimento ad una eventuale riforma del Jobs Act, per contrastarne gli effetti precarizzanti, ma non viene specificato come, nè si fa alcun riferimento ad un ritorno all'Articolo 18. Vengono, infine, promessi investimenti nella formazione lavorativa e nel potenziamento dei Centri per l'Impiego, per cui sono preventivati 2 miliardi di euro.
- Al paragrafo 19, non poteva mancare il cavallo di battaglia dei grillini, ovvero il reddito di cittadinanza. Dalle dichiarazioni rilasciate dai vari esponenti del movimento, la nuova misura, pare, avrà il compito di unificare le varie forme di sostegno al reddito vigenti (Naspi, Reddito di inclusione, Discoll, Assegno di Ricollocazione, ecc.), avrà un ammontare fissato a 780 € mensili e sarà un sussidio attivo, ovvero i beneficiari, sotto stretto controllo dei Centri per l'Impiego, dovranno cercare una nuova occupazione (potranno rifiutare fino ad un massimo di 3 proposte di lavoro, che verranno loro sottoposte dai Centri), in caso contrario, perderanno ogni diritto a ricevere la somma. La durata del reddito è fissata a 2 anni.
- Al paragrafo 27, troviamo, invece, il capitolo dedicato alle infrastrutture ed agli investimenti, a chiara impronta green economy (il paragrafo 4 è dedicato, quasi interamente, all'economia circolare), dato che si parla di sgravi fiscali per l'acquisto di auto ibride, di investimenti per le stazioni di ricarica di mezzi elettrici e di potenziamento del car sharing. Si annuncia, senza però entrare nel dettaglio, una riforma del sistema portuale italiano e di investimenti nel settore, con la creazione di porti gateway, cioè di destinazione finale e non di passaggio. Vengono promessi, anche, l'ammodernamento ed il potenziamento del sistema ferroviario. Al paragrafo 28, infine, viene fatta presente la necessità, per un Paese come l'Italia, di avere un Ministero per il Turismo e di riorganizzare, sia dal punto di vista operativo che finanziario, l'Enit, così come l'intero settore turistico nostrano, vitale per l'economia del Belpaese.
Ecco, quindi, le idee che il – non ancora nato – nuovo Governo ha intenzione di mettere in campo, per il lavoro: tante buone intenzioni, per realizzare le quali, però, ci si dovrà scontrare con la dura realtà del debito pubblico (ricorrere al deficit, per reperire risorse per gli investimenti, vuol dire aumentarlo e scaricarne le conseguenze sulle future generazioni) e delle perplessità dell'Unione Europea (abbiamo firmato dei Trattati e abbiamo degli accordi in essere che, piaccia o no, non si possono, semplicemente, ignorare).
Attendiamo la prova dei fatti.
Danilo