Il problema è particolarmente sentito dagli elettori, perché, causa crisi economica, la povertà, in Italia, ha raggiunto livelli preoccupanti: secondo l'Istat, infatti, nel decennio 2006-2016 il numero dei poveri assoluti è cresciuto, passando da 2,3 a 4,7 milioni, con aumenti percentuali in tutte le zone della penisola (+62% al Nord, +133% al Centro, +52% al Sud).
Un dato allarmante, che non può non essere inserito nelle tematiche della campagna elettorale in corso, spingendo ogni schierameno politico a fare la propria promessa (per i fatti, se ne parlerà dopo le elezioni di marzo), per attirare voti. Vediamo quali sono.
- Partio Democratico: non possiamo che iniziare dal PD che, già con il Governo Gentiloni, ha reso operativo, dal 1 dicembre scorso, il reddito di inclusione, introdotto a suo tempo dal Governo Renzi. La misura è rivolta, in special modo, alle persone/famiglie in difficoltà economica (bisogna avere un reddito ISEE al di sotto dei 6 mila euro annui) e si pone il duplice compito di fornire un contributo minimo in denaro (187,50 euro per i single; 294,50 euro per le coppie; da 382,50 a 539,80 euro per le famiglie, a seconda del numero dei componenti) e di creare un percorso "personalizzato di attivazione sociale e lavorativa", ovvero un progetto di inserimento lavorativo, gestito dagli uffici dei Servizi Sociali comunali. Il reddito di inclusione ha ricevuto alcune critiche, in particolare da sinistra (è uno dei tanti motivi di contrasto con la formazione Liberi e Uguali), sia perchè si ritengono troppo basse le cifre in ballo e troppo ristretta la platea dei beneficiari (con l'attuale copertura di 1,7 miliardi, ne beneficerebbe solo un terzo dei bisognosi), sia perchè scarica sugli enti locali (mettendo in difficoltà, soprattutto, i piccoli comuni) la responsabilità del percorso di inserimento lavorativo. In campagna elettorale, il segretario del PD Renzi ne ha promesso il potenziamento, con l'erogazione di maggiori coperture.
- Movimento 5 Stelle: a seguire, ecco la proposta dei grillini, paladini del reddito di cittadinanza, loro cavallo di battaglia fin dai primi passi del movimento. Il progetto prevede l'erogazione di un assegno massimo di 780 euro (che sale a 1014 e 1638 euro, per famiglie con uno o più figli minori), sotto forma di integrazione al reddito, per tutte quelle persone sulla soglia di povertà – stabilita ogni anno dall'Istat -. Condizione indispensabile per accedere al sussidio è, poi, l'iscrizione al locale Centro per l'Impiego, con l'obbligo di seguire un percorso di inserimento/reinserimento lavorativo e in caso, di formazione professionale. Il beneficiario, inoltre, dovrà partecipare attivamente alla ricerca di una nuova occupazione e accettare almeno una delle 3 offerte di lavoro che il Centro gli proporrà. Infine, il programma prevede vantaggi per le imprese, che assumono personale con reddito di cittadinanza, sotto forma di sgravi fiscali.
- Forza Italia: anche Berlusconi ha proposto la sua versione, parlando di reddito di dignità. Al momento, è il meno strutturato e più vago, più promessa elettorale degli altri due (il reddito del PD è già operativo, quello dei 5 Stelle esiste come disegno di legge dal 2013), liberamente ispirata alla teoria dell'imposta negativa sul reddito: in ogni caso, prevederebbe l'erogazione di un assegno di integrazione (da aumentare, in presenza di famiglie con uno o più figli) per tutti coloro che si trovano a rischio povertà, in modo da permettere loro di raggiungere una determinata soglia di reddito – stabilita dall'Istat e aggiornata ogni anno -, che garantisca un tenore di vita dignitoso. Senza alcun riferimento specifico a cifre, requisiti necessari o a eventuali percorsi di inserimento o reinserimento al lavoro, è quello dei tre che somiglia più ad un sussidio puro e semplice.
Pure nelle loro differenze, comunque, i tre redditi hanno l'obiettivo comune di intervenire sui soggetti a rischio o già caduti nella spirale della povertà, così come comune è anche lo stesso problema di fondo: le coperture finanziarie, questione di non facile soluzione in un Paese come il nostro, con un enorme debito pubblico e sorvegliato speciale dagli esperti di bilancio dell'Unione Europea.
Al netto delle promesse elettorali, a marzo scopriremo chi saprà passare dalle parole ai fatti.
Danilo