Si può lavorare a chiamata durante uno stage? Il lavoro a chiamata (o “job on call”) e il tirocinio sono due costanti nella carriera di molti giovani. Spesso gli stage sono a tempo pieno e diventa difficile occuparsi di altro. Ma un lavoro a chiamata, contratto agile e senza orario predeterminato, può essere la soluzione ideale per un lavoretto saltuario. E’ quindi possibile fare le due esperienze nello stesso periodo?
La domanda che apre questo articolo è un caso reale di cui mi sono recentemente occupato, trovandolo molto interessante. Condivido perciò le mie riflessioni nella speranza di animare un confronto.
L’azienda in questione, in procinto di attivare un rapporto di job on call, chiedeva se, considerando che il candidato era già coinvolto in un tirocinio presso altra realtà per 40 ore settimanali, esistevano delle limitazioni in materia di orario di lavoro.
La risposta è certamente negativa, sulla base del Dlgs. 66/2003, testo di riferimento in materia di orario di lavoro, che all’articolo 2 precisa l’ambito di applicazione: le regole sui tempi di lavoro riguardano i soli lavoratori subordinati. Ciò esclude all’origine i tirocini, qualificati come rapporti finalizzati alla formazione del soggetto e non all’esecuzione di una prestazione lavorativa manuale o intellettuale.
E qui si apre il tema dei “vuoti normativi”. Come tutelare i tirocinanti di fronte a situazioni del genere? La stessa normativa sui tirocini prescrive solamente ai soggetti ospitanti di essere in regola con le disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Cosa ben diversa dalle limitazioni imposte dal Dlgs. 66/2003 sull’impegno orario che si può richiedere ai dipendenti. Se fossimo nel campo della subordinazione, in caso di più rapporti part-time in capo allo stesso soggetto i datori di lavoro sarebbero tenuti a rispettare, come ha specificato la circolare n. 8/2005 del Ministero del Lavoro, i limiti di orario giornaliero (non meno di 11 ore di riposo tra una giornata e l’altra) e il diritto al riposo settimanale (non più di 48 ore settimanali, anche cumulando incarichi con più datori, e non meno di 2 giorni di riposo ogni 14). Nessun limite, invece, in caso di compresenza di un rapporto a termine / job on call con un tirocinio.
Di fronte a questa carenza normativa le strade sono due:
- Imporre limiti più stringenti ai tirocini per evitare situazioni borderline in cui si richiede al soggetto un impegno orario pari a un dipendente full-time (perché prevedere 40 ore settimanali quando per la formazione ne sarebbero sufficienti 20 o 30?);
- Integrare la normativa attualmente in vigore prevedendo in caso di cumulo di prestazioni lavorative e tirocini il limite dell’orario di lavoro e il diritto al riposo settimanale.
Pensiamo a un esempio non troppo fantasioso: tirocinio in ufficio da lunedì a venerdì e lavoro a chiamata al bar o al ristorante saltuariamente nel weekend. La questione è quanto mai importante, se si considera la diffusione dei tirocini e soprattutto i casi di “doppio lavoro” che coinvolgono in particolar modo le giovani generazioni.
di Paolo Ballanti